Questo articolo è nato e cresciuto con il contributo di diverse persone che hanno proposto categorie, mi hanno aiutato nella correzione dei testi e mi hanno sostenuto con il loro incoraggiamento. Proprio questi sono "I donatori inconsapevoli".
Se, come sostengono gli antichi testi, ci troviamo in Kali Yuga (un’Era “oscura” e dalle dinamiche davvero complesse), ci troviamo in un mondo nel quale è sempre più difficile distinguere la verità dalla menzogna e questo non può non valere per chi si avvicina alla pratica dello Yoga. Che sia per un banale mal di schiena, per uno stato di tensione generalizzato o come metodo per rilassarsi, in realtà, la principiante assoluta (o il principiante assoluto) non ha la minima idea di cosa aspettarsi da una lezione di Yoga, ignorando molto probabilmente che esistono decine di stili diversi, ma sperando che “qualcosa” avvenga e che poi possa sentirsi in qualche modo “meglio” (anche se non è affatto chiaro cosa sia quel “qualcosa”). La maggior parte degli insegnanti dovrebbe essere competente, preparata, riflettendo con le loro parole e le loro azioni l'interiorizzazione degli insegnamenti. Quindi, in generale, quando si entra in una Sala Yoga, si può davvero stare tranquilli. Teniamo però gli occhi aperti: gli insegnanti sono tutti esseri umani e, come tali, devono fare i conti con delle tentazioni.
L'uomo (o la donna) dei miracoli
“Grazie alla pratica guarirai dalla tua malattia”...oppure “dimagrirai senza cambiare alimentazione”, “diventerai ricco, amato, avrai potere su tutti” sono frasi che si addicono bene a questo tipo di insegnante. Ovviamente (e questo vale per tutte le “figure professionali” di questo elenco), non sempre le parole di questo genere di insegnante sono così esplicite, perché la donna (o l'uomo) dei miracoli è, in realtà, una guida molto insidiosa. Facendo leva sul nostro bisogno primordiale di un intervento divino che risolva in un battito di ciglia i problemi che ci affliggono, l'uomo dei miracoli offre ai suoi allievi un amo con un’esca davvero allettante. Un consiglio a chi si ritrova un insegnante del genere potrebbe essere quello di ricordare che nessun amo è davvero efficace se non siamo noi ad abboccare. Inoltre, giova anche ricordare le parole di Yogi Bhajan: “Il miracolo più grande lo fa un uomo che potrebbe fare un miracolo e non lo fa” (9 luglio 1975)
I "Dottor Guido Tersilli"
Il riferimento è naturalmente all'omonimo personaggio interpretato da Alberto Sordi nelle pellicole di Luigi Zampa (1968) e Luciano Salce (1969). Il “dottor Tersilli” dello Yoga è animato da un'avidità insaziabile. Tale ingordigia senza fondo è però accompagnata da un rapporto di apparente distanza e indifferenza nei confronti del denaro. Analizziamo il personaggio immaginandolo in un centro Yoga: come Tersilli non prenderà mai in mano contanti o assegni, lasciando che a occuparsi di questi aspetti “terreni” sia un collaboratore o una collaboratrice (così come faceva la suora per l’illustre primario del film). L'immagine era molto forte: non prendendo direttamente il denaro, Tersilli rimaneva apparentemente “puro” ma, in realtà, la maggior parte degli introiti finivano invariabilmente nelle sue tasche (la condivisione non era il suo forte). I "Tersilli" sono arrivisti e si fanno pochi scrupoli nello sfruttare gli alleati del momento che, lusingati dalla collaborazione con l'illustre professore, credono di essere parte di una squadra e invece sono solo degli "ospiti" momentanei, facilmente sostituibili quando il "parassita" (questa è la reale relazione che instaurano) vedrà altrove migliore occasioni, per sé, di espansione.
L'atleta
Avere un'ottima preparazione fisica non è uno svantaggio per un insegnante di Yoga o per i suoi allievi. Questo sarebbe così scontato che non ci dovrebbe essere alcun bisogno di specificarlo. L'atleta, in realtà, è molto più di questo: in parte è un esibizionista, che prova particolare piacere nel mettere in mostra la propria forza/flessibilità/resistenza e in parte (dall'altra) è una persona che non riesce a concepire lo Yoga in un modo che non comprenda la perfezione di forme e movimenti, compiuti con grazia e controllo. Per l'atleta non esistono posizioni alternative, proprio perché è incapace di concepire un altro modo che non sia il suo. Uno studente alle prime armi può sentirsi inadeguato di fronte a un atleta, rischiando di veder germogliare in sé l’erronea conclusione “lo Yoga non fa per me”. Un altro effetto, ancora più pericoloso, può essere “ispirare” un allievo che non ha la dovuta preparazione al punto tale da portarlo a farsi male inseguendo un fallace ideale di correttezza e/o perfezione.
Il tiranno del tappetino
Il suo scopo è gestire la classe con pugno di ferro. Le cose vanno fatte esattamente come dice lui. Il tiranno del tappetino determina la correttezza assoluta della posizione, l’ampiezza e la velocità dei movimenti, il giusto modo di pronunciare i mantra (e non è detto che sia il modo corretto) nonché l’unico modo possibile per uscire dal rilassamento. Potrebbe avere un atteggiamento passivo aggressivo e fare sentire l'allievo inadeguato (come “l'atleta”) o potrebbe perdere le staffe (come “il rabbioso”), ma una cosa è certa: non si può sgarrare di un millimetro dalla sua idea di Yoga. Purtroppo per noi, a volte pensiamo che questo tipo di insegnante sia proprio quello di cui abbiamo bisogno. Sta a noi fare in modo che questa sia solo una fase breve e passeggera.
Il rabbioso
C'è modo e modo per passare qualunque messaggio. È sicuramente giusto correggere gli studenti quando arrivano sistematicamente in ritardo, quando interrompono la pratica collettiva per comunicare i propri “pathos” o per rivolgere domande che potrebbero avere facilmente risposta alla fine della lezione. A maggior ragione, e nel rispetto del percorso personale di ciascuno studente, è giusto correggere una posizione in modo da rendere più efficace la pratica. Questo personaggio conosce però una sola modalità espressiva: la rabbia. Questa modalità di relazione può essere combinata con altre espressioni disfunzionali di questo elenco: un tuttologo rabbioso può esplodere quando viene messo in dubbio il suo sapere, un tiranno del tappetino può aggrapparsi alla rabbia quando un ordine non viene eseguito alla lettera o quando la sua autorità è messa in discussione.
Il manipolatore
Le sue lezioni iniziano sempre con una conversazione o con un momento di condivisione. In genere pone delle domande generiche agli allievi, prendendo spunti per aprire un discorso più ampio su un tema legato allo Yoga. Poi vi prende da parte e vi fa altre domande, stavolta più personali. Con il passare del tempo stabilisce una relazione con voi, impara a conoscervi a fondo e inizia a dispensare consigli. In uno scenario alternativo, non è il manipolatore a venire da voi, ma siete voi stessi ad andare da lui (o lei) per parlare dei vostri dubbi nelle vostre relazioni o di chissà cos’altro (ebbene sì, molto spesso siamo noi a invischiarci in relazioni di questo tipo!). Di solito il manipolatore non vuole ottenere qualcosa di specifico da voi (anche se non è da escludere), perché nella sua forma più sottile il manipolatore deriva il proprio piacere dal suo essere punto di riferimento irrinunciabile...ma distorto, perché nutrito solo dal soddisfacimento del proprio ego. “Dovresti coltivare (o recidere) questa relazione”, “dovresti adottare (o abbandonare) questo comportamento”: queste alcune delle sue frasi tipo. Qualora non seguiate i suoi consigli potrebbe arrabbiarsi (vedi “il rabbioso”) o “chiudersi”, non ritenendovi “degni” della sua saggezza (vedi “il divino”). Molto meglio così.
Il tuttologo
Non ha completato un corso di studi in medicina occidentale, eppure sa offrire la diagnosi più corretta. Non è un nutrizionista, ma ti può dare la dieta di cui hai bisogno. Non è un medico ayurvedico, ma conosce il modo migliore per riequilibrare i tuoi dosha. Ovviamente nulla di tutto questo è vero, ma il tuttologo non lo sa, o finge di non saperlo. Questo personaggio, purtroppo per lui e per i suoi allievi, rischia di fare danni seri e di commettere veri e propri reati, anche se ci sono, naturalmente, le eccezioni. Un insegnante di Yoga può essere ANCHE medico, o aver studiato medicina ayurvedica così come può essere anche nutrizionista, ma solo al termine di appropriati cicli di studi, che diano agli allievi una seria e verificabile garanzia di affidabilità e professionalità. Un insegnante di Yoga non deve conoscere tutto. È molto meglio sostituire, a conoscenze illusorie, una solida rete di contatti a cui rivolgersi, con cui consultarsi e ai quali mandare i propri allievi, tenendo a mente l’unica cosa che conta: il loro interesse. Un insegnante costruisce con uno studente un patto di fiducia: anche sopravvalutare le proprie competenze (dove non si nasconde l'ego!) può costituire un tradimento di questo patto.
Il complottista
Mentre il tuttologo è un entusiasta sostenitore delle sue radici scientifiche, il complottista è orgogliosamente in rotta di collisione con la scienza ufficiale. Le sue frasi seguono quasi sempre uno schema preciso. C'è un rimedio del tutto naturale per questa malattia, ma “loro” non vogliono che si sappia. Tutti potremmo avere un orto nel terrazzo, ma “loro” non vogliono che questo avvenga. Dovremmo darci tutti una “svegliata” e vedere le cose come sono, ma loro, i complottisti, non vogliono questo risveglio collettivo. Ci sono sempre “loro” al centro di questa cospirazione globale per tenerci prigionieri, ma chi siano questi “loro” non è dato saperlo. Poi, proprio quando le loro (dei complottisti in questo caso) basi scientifiche cominciano a vacillare, infilano nelle loro argomentazioni un po' di fisica quantistica e il gioco è fatto. Il complottista detesta sentirselo dire, ma in fondo è solo squilibrato nella sua mente negativa, arrivando invariabilmente a sospettare di tutto e di tutti. Non sarebbe meglio incentivare negli allievi un maggiore senso di fiducia?
Il raffazzonato
Cavalcando il mito dell’abito che non fa il monaco (o dell’apparenza che inganna), non si cura minimamente della forma, indicando nella superiorità della sostanza la sua stella polare. Sfoggia spesso un italiano piuttosto approssimativo. Non ha una chiara idea di esercizi, sequenze o degli effetti che queste hanno su corpo, mente e spirito. Il suo atteggiamento nei confronti della disciplina può anche essere entusiasta, ma non ha mai tempo (o voglia) di mettersi seriamente al lavoro per studiare. Spesso spiega a gesti, emettendo qualche verso gutturale per accompagnarli. A volte salta passaggi delle classi per poi tornare indietro, si sbaglia spesso e dà l’idea di leggere lo schema della classe in quel momento per la prima volta (in certi casi è proprio così). Non solo non sa rispondere alle domande degli allievi (spesso non ci sarebbe nulla di male), ma cerca di ovviare alla propria ignoranza improvvisando. Purtroppo il raffazzonato è raramente un bravo attore, ed è molto facile vedere che in realtà non sa quali pesci prendere (sebbene all’inizio un principiante possa non essere in grado di distinguere il vero dall’inventato). Tra le figure di questo elenco è la più facile da rifuggire, perché è totalmente privo di caratteristiche affascinanti. Tutto sommato, è anche una categoria piuttosto rara, visto che la preparazione degli insegnanti di Yoga in generale è molto alta. Esiste come possibilità.
L'investitore
Questo è un attento osservatore della realtà che lo circonda. Annusa con attenzione e precisione l'aria che tira e tiene conto di andamenti, tendenze e mode. Se un giorno capisce che vanno di moda le discipline olistiche, ci si butta a pesce. In fondo è diventato insegnante di Yoga proprio perché in quel momento la "domanda di spiritualità" sembrava altissima. Domani potrebbe diventare insegnante di Salsa o di Pilates, per tornare dopodomani allo Yoga, se la cosa gli sembrerà proficua (per le sue tasche e per il suo ego). L'investitore di solito è molto bravo a leggere il presente, ma non è molto ferrato nelle previsioni. Si limita a cavalcare l'onda, ovunque essa lo porti. Può anche essere preparato (fa parte del suo modo di proteggere l’investimento), ma non si può davvero contare sulla sua costanza o sulla sua presenza.
L'infallibile
Come suggerisce il nome stesso, questa persona non sbaglia mai. Non è raro che si circondi di persone pronte ad ammettere con entusiasmo i propri errori. Può anche essere molto competente nel suo settore, ma la sua vera natura emerge nel momento dell'inevitabile errore. Finché la sua infallibilità non è messa in discussione va tutto bene. Quello che fa davvero impazzire l'infallibile e lo fa ricorrere al suo arsenale sono le contestazioni. Quando gli vengono mostrate le sue mancanze, diventa sfuggente e riporta l'argomento del contendere su un'altro piano. La mia professoressa di matematica capiva subito quando volevo svicolare da una domanda a cui non sapevo rispondere e mi diceva "Ma se uno ti chiede l'ora, tu gli rispondi che è rosso?". Lo strumento personale dell'Infallibile è proprio questo: il cambio continuo di argomentazione senza soluzione di continuità, al solo scopo di intorbidire le acque, disorientare l’interlocutore e/o prenderlo per stanchezza. Se l’interlocutore non cede al dubbio“chi me lo fa fare a sprecare tempo ed energie per qualcuno che non risponde mai a tono?” ecco il “duello” tipico con un “Infallibile”: stiamo per incrociare le spade, quando l'Infallibile tira fuori un bazooka; un po' spiazzati, tiriamo fuori a nostra volta un lanciamissili; senza scomporsi, l'Infallibile getta via il bazooka e prende in mano una margherita, proprio nel momento in cui tutti ci stanno guardando. L'infallibile è stato così bravo che alla fine siamo noi i crudeli carnefici che teniamo sotto tiro con un lanciarazzi il povero e immacolato “Infallibile”, armato di una candida margherita!
Il predicatore
Il (finto) Prete Lo si riconosce dall’atteggiamento dimesso, poco appariscente e (finto) umile: di rado impegnato in prima persona in discussioni (preferendo che a esporsi siano suoi “fedeli”), predilige il basso profilo, ma è pronto a intervenire e a pontificare su ogni argomento se il suo “spazio” viene messo in discussione (tanto più se ha ragione!). Non insegna, predica. Non ascolta, confessa. Spiritualmente saggio e depositario privilegiato di insegnamenti millenari, non si preoccupa se serve adattare questi ultimi alle proprie esigenze e necessità: fa leva sul timore reverenziale e sul senso di inferiorità che ha coltivato nel tempo, garantendosi così l’appoggio incondizionato di chi non è stato mai formato a ragionare davvero con la propria testa. La sua (finta) umiltà nasconde il bisogno di mantenere il controllo e di conservare o accrescere la propria sfera di influenza, purtroppo a discapito della reale crescita del proprio studente (rischio da correre il meno possibile, perché consapevolezza e manipolazione non possono coesistere).
Il Sensitivo
"Ho capito subito che avevi un blocco al quarto chakra". Questa è una delle frasi tipo del sensitivo. Non ti conosce, non ti ha mai visto e magari hai appena finito la prima lezione e non sei neppure certa di volerne fare un'altra. Ascolta il tuo istinto e scappa. Il sedicente sensitivo molto probabilmente non ha percepito nulla, ma sta solo cercando un pertugio nel quale infilarsi per “agganciarti” e creare, a proprio vantaggio (ovviamente!) un rapporto di dipendenza. Con frasi vagamente misticheggianti sta cercando di farti iscrivere a un corso, oppure vuole farti acquistare una rara (e costosa) pietra dura le cui vibrazioni fondamentali risolveranno tutti i tuoi problemi. O magari metterà una buona parola per te con l'angelo Metatron… Lascia stare: Metatron è lo scriba di Dio e ha già abbastanza impegni.
Il Para...Guru
l Para...Guru si presenta come un autentico Maestro, come di quelli che non esistono più. Di solito è preparato, ma il gioco di parole interno di questa categoria rivela ai più attenti il segno di una furbizia molto sottile. Il suo sapere solo in apparenza è orientato agli allievi, ma in realtà è tutto speso a totale beneficio del Para...Guru per i soliti vantaggi umani: denaro, sesso, potere (anche non tutti insieme, fortunatamente). Di solito sono attorniati da una corte sempre pronta a pendere dalle sue labbra e che non contempla minimamente l’idea che dietro ci sia ben altro. Lo spirito critico è ridotto al minimo ma, va detto a difesa di chi ci casca, il Para...Guru ha spesso un grande carisma.
Il divino
Il divino sta seduto separato dagli allievi, fisicamente o emotivamente. Non insegna, dispensa saggezza per osmosi, ma a distanza. Non si occupa di cose banali come la correttezza delle posizioni, non offre posizioni alternative né si assicura della comprensione di quello che si sta facendo. Non conosci il mantra? lo imparerai col tempo. Non hai capito l’esercizio? Vedi, adesso capire che non hai capito ti permetterà un giorno di capire. Il divino è imperscrutabile e irraggiungibile, e proprio in questo sta tutto il suo fascino. Nessuno ha mai visto il divino in una posizione, nemmeno da giovane. Perché giovane, non lo è mai stato: il divino non ha età. Questa fattispecie può essere considerata in opposizione rispetto al rabbioso. Il divino, per propria natura, si combina difficilmente con le altre fattispecie descritte.
Il Robot
La sua caratteristica più evidente è l'assoluta mancanza di emozioni o di passioni. Se al suo posto si mettesse sempre lo stesso video (robotico) l'effetto sarebbe identico. Un autentico insegnante sa presentare la stessa classe ogni volta come se fosse la prima volta, perché gli allievi cambiano, i nuovi allievi rendono ogni lezione come il primo giorno di scuola e anche lo stato fisico e mentale di allievi e insegnanti cambia di volta in volta, anche nell'affrontare la medesima classe. Per il Robot il problema non si pone. Sicuro di aver trovato il modo migliore per insegnare, si affida sempre alle stesse parole, pronunciate sempre nel medesimo ordine. Il risultato involontario è un profondo senso di noia, per l'insegnante e per gli studenti. Il Robot introduce la stessa classe sempre allo stesso modo, spiega come entrare in una posizione o come eseguire una tecnica sempre allo stesso modo e sempre con lo stesso (mono)tono di voce. Il primo pensiero che attraversa la mente di uno studente è quasi sempre: "cosa glielo fa fare?", solitamente seguito dall'interrogativo più intimo: "cosa ME lo fa fare?". La fuga è assicurata.
Il didascalico
In apparenza potrebbe sembrare una variante del Robot, ma quest'ultimo si distingue in particolare per il tono della voce sempre uguale e per la mancanza di passione. Il didascalico potrebbe trovare intonazioni diverse, ma in realtà ripete solo quello che è scritto sul libro, niente di più, niente di meno. A volte legge direttamente dal manuale, ma nella maggior parte dei casi ripete a memoria la spiegazione del libro, sempre alla lettera. La verità inconfessabile è che il didascalico non ha mai praticato quello che intende insegnare, e dunque non ha alcuna esperienza personale da comunicare agli studenti. Poiché nella pratica personale ci sono sempre dei particolari che nessun libro riporta (perché troppo soggettive e individuali), il didascalico continuerà ad appoggiarsi alla parola scritta senza sapere (e dunque senza insegnare) tutto quello che c'è dietro.
Conclusione
La tragedia di questo elenco è che ciascuna di queste figure è liberamente combinabile con altre, anzi molto spesso vanno proprio a braccetto. Così possiamo avere “Il complottista raffazzonato”, oppure “il manipolatore tuttologo” e “Il rabbioso tiranno del tappetino”. Qualora alcune combinazioni sfuggano alla fantasia, molto spesso potranno essere riscontrate nella realtà. A questo punto un insegnante qualunque potrebbe leggere questo elenco, darsi una bella pacca sulle spalle e riconoscere di non trovarsi in nessuna di queste categorie. Probabilmente è così, ma l’atteggiamento è di per sé pericoloso. Prima si capisce che ciascuna di queste distorsioni è potenzialmente dentro di noi, prima si riuscirà in modo consapevole a tenersi lontani da esse. Sono proprio le incrostazioni dell’Ego che limitano l’autentico insegnante che è dentro di noi e gli impediscono di dispiegarsi nella sua forma più pura e incorrotta, per noi stessi e per gli altri.
BONUS: L'INSEGNANTE
Al termine di questo elenco c'è un'ultima figura che ci può fare venire la voglia di scappare a gambe levate, forse fin dal primo incontro. Non ci affascina con il suo aspetto, o con le sue parole. Non cerca di ammaliarci o di fare leva sulle nostre debolezze. Invece, ci porta al confronto con gli alibi che ci creiamo da soli, con le nostre false sicurezza e con le idee non vere che abbiamo di noi stessi, del nostro corpo e di quel ci circonda. Ci fa uscire dalla zona in cui ci sentiamo completamente al sicuro e ci mostra che là fuori non c'è il mondo: c'è l'Infinito, oltre quell'unica barriera rappresentata dal nostro Ego (che "giustamente" vogliamo proteggere da un qualcosa di così grande). Ci sfida a cambiare, a cogliere nella crisi l'occasione per crescere davvero, ma non lo fa per auto-riconoscersi un potere taumaturgico o per attirare altri allievi. "Semplicemente" non serve se stesso/a ma serve quegli insegnamenti di cui lui/lei ha in un passato remoto o recente colto la forza e i benefici, arrivando a condividerne il dono. Questo può davvero fare paura, ma ci consola la fedeltà all'idea: "non sono una donna, non sono un uomo, non sono una persona, non sono me stessa: sono un'insegnante".